E' necessaria un’autentica rifondazione della pianificazione: che metta fine alla crescita quantitativa e punti invece sulla riqualificazione-trasformazione delle città, sul ricupero-risanamento dei centri storici, sulla ristrutturazione delle periferie e sulla rigorosa salvaguardia del territorio non ancora urbanizzato.

Antonio Cederna





venerdì 17 dicembre 2010

GLI INVESTIMENTI NEL SOCIAL HOUSING: UNA SCUSA PER DARE IL VIA A NUOVE SPECULAZIONI E ALL’ULTERIORE CONSUMO DI TERRITORIO

Il Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio della Spezia, Matteo Melley, ha spiegato, in un incontro svoltosi a Villa Marigola lo scorso novembre, che al primo punto del documento programmatico 2011-2013, la Fondazione Carispe ha intenzione di mettere gli interventi nel campo dell’edilizia sociale. “La Fondazione promuoverà la creazione di un fondo di investimento locale con un impegno complessivo di circa 10 milioni di euro finalizzato a realizzare alloggi e servizi destinati a contribuire a risolvere il problema abitativo, con particolare riguardo alle situazioni di disagio economico e/o sociale, ponendo attenzione alla riqualificazione urbana, al rispetto dei criteri di efficienza energetica, alla ricerca di elevati livelli di qualità urbanistica e architettonica, ma anche degli aspetti sociali e dei servizi per la comunità”.

“Pensiamo che sia arrivato il momento di investire sul territorio- dice Melley - l’edilizia sociale è in grado di mobilitare anche risorse private, necessariamente con la partecipazione degli enti locali ai quali chiediamo di dare disponibilità, analisi di aree e tempi di risposta rapidi, perché sono investimenti e in quanto tali devono certamente generare redditi. Noi siamo disponibili ad investire purché le cose decollino in tempi rapidi”.“ Il territorio spezzino, può candidarsi, anche grazie all’intervento della Fondazione Carispe, per fare case con criteri nuovi e dare una risposta nuova ai bisogni dell’edilizia”.

Ovviamente non si parla di acquisire fabbricati vetusti, demolirli e ricostruirli, oppure recuperarli, ma di nuove aree edificabili da individuare e mettere a disposizione in tempi brevi, lasciando intendere l’esigenza o la pretesa di avere delle corsie preferenziali, questa volta con la scusante sociale di fornire risposte all’emergenza abitativa, anche se soltanto alla Spezia sono stati censiti migliaia di appartamenti non locati e quindi disponibili per eventuali inquilini

Vogliamo sottolineare il non senso di affrontare il problema dell’emergenza abitativa costruendo nuove case: Infatti con la motivazione di soddisfare i bisogni abitativi delle fasce sociali più deboli saranno realizzate imponenti operazioni immobiliari di nuova edificazione, a capitale misto pubblico-privato o con il contributo del pubblico, remunerando l’investitore privato con delle superfici residenziali e commerciali da immettere sul libero mercato.

Prima si è creato il bisogno “abitativo” sostenendo un mercato immobiliare fortemente speculativo ed inaccessibile alle fasce deboli della popolazione, poi si fornisce una risposta al bisogno anzidetto generando operazioni immobiliari straordinarie fuori da ogni pianificazione o previsione urbanistica, peraltro anch’esse contenenti caratteristiche di operazioni fortemente speculative.

Molto più appropriato sarebbe incentivare l’incontro fra domanda e offerta di alloggi già disponibili, presenti soprattutto nei centri storici delle città oltre che nei paesi e nelle frazioni dell’entroterra. Impiegando gli appartamenti liberi esistenti si potrebbe dare una risposta immediata a quei nuclei familiari che non possono acquistare un alloggio. Inoltre si fornirebbe un’importante opportunità di reddito per i proprietari degli appartamenti che negli anni scorsi hanno sostenuto investimenti notevoli, magari in attesa di una redditività che a tutt’oggi non si è concretizzata. Rivitalizzare i centri storici, le frazioni ed i paesi potrebbe consentire una vera e concreta occasione di rilancio socio-economico del nostro territorio, con evidenti benefici per il commercio e l’artigianato, ossia piccoli negozi, muratori, elettricisti, idraulici e falegnami; i negozi di quartiere o le botteghe potrebbero meglio competere con i centri commerciali, mentre le piccole ditte di artigiani riuscirebbero a trovare maggiori possibilità di lavoro a seguito dello sviluppo di una quantità maggiore d’interventi di recupero edilizio degli alloggi.

Silvia Minozzi

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