E' necessaria un’autentica rifondazione della pianificazione: che metta fine alla crescita quantitativa e punti invece sulla riqualificazione-trasformazione delle città, sul ricupero-risanamento dei centri storici, sulla ristrutturazione delle periferie e sulla rigorosa salvaguardia del territorio non ancora urbanizzato.

Antonio Cederna





venerdì 27 maggio 2011

Il Presidente nazionale dei Costuttori edili di Confindustria dice: No al consumo di territorio !

Questo articolo è stato pubblicato Domenica 8 Maggio da "La Repubblica" a commento del recente decreto del Governo italiano che assegna la gestione delle spiagge ai privati per 90 anni. Tra le voci "dissonanti", ecco quella di Paolo Buzzetti, che afferma: «Siamo a favore della concorrenza, del mercato e siamo contrari a nuovo consumo di territorio». Paolo Buzzetti è il presidente nazionale dell'ANCE, l'Associazione dei Costruttori Edili di Confindustria ...

Spiagge, anche i costruttori contro il decreto. Gli imprenditori: "No al consumo di territorio". Wwf e Fai si appellano a Napolitano.

di Francesco Mimmo.

DOMENICA, 8 MAGGIO 2011, LA REPUBBLICA.

ROMA - Tutti contro il decreto che assegna la gestione delle spiagge ai privati per 90 anni. Le nuove regole non piacciono agli ecologisti che accusano il governo di aver dato il via libera a un nuovo boom del cemento e chiedono l´intervento di Napolitano. Non piacciono alle opposizioni che vedono il rischio di consegnare le coste agli speculatori. Dubbi arrivano dai costruttori della Confindustria e addirittura dagli stessi gestori degli stabilimenti balneari che approvano "l´intenzione" del provvedimento, ma mettono in guardia dal pericolo che canoni troppo alti possano favorire le grandi catene o peggio il riciclaggio di capitali sporchi.

Il decreto sviluppo varato giovedì assegna la gestione ai privati con un diritto di superficie per 90 anni in cambio di un canone a prezzi di mercato. È lo stesso istituto del diritto di superficie a portare con sé anche il diritto a edificare sul demanio marittimo, cioè le aree dove sorgono gli stabilimenti e dove fino ad ora era impossibile costruire. Secondo gli ambientalisti è l´addio a chioschi e stabilimenti tradizionali per far posto a centri fitness e centri commerciali sulle spiagge, nella migliore delle ipotesi, o addirittura a case e alberghi a poche decine di metri dalla battigia. Secondo Legambiente ci sarà «la possibilità di costruire entro i 300 metri dal mare aggirando le leggi sulla tutela del paesaggio, una industrializzazione della battigia», dice il vicepresidente Sebastiano Venneri che aggiunge: «Beati gli abusivi e le mafie che potranno legalizzare edifici costruiti sul demanio con una spaventosa devastazione». L´allarme cemento è condiviso da Wwf e Fondo ambientale italiano (Fai) che si sono appellati al presidente della Repubblica affinché valuti la costituzionalità del decreto, perché «una modifica d´urgenza delle norme che regolano la concessione del demanio costiero ha conseguenze che vanno ben oltre quanto si sta dichiarando». Secondo il leader dell´Idv Antonio Di Pietro così il governo «espropria le coste e danneggia l´ambiente» in un colpo solo. Il segretario del Pd Bersani parla di «pericoloso boomerang» che potrebbe penalizzare gli stessi gestori di stabilimenti balneari. La replica del premier Silvio Berlusconi: «Solo disinformazione».

Dubbi dalla Confindustria. «Crea perplessità la norma della concessione degli arenili - dice Paolo Buzzetti, presidente Ance, i costruttori associati a Confindustria - perché sottrae mercato dal momento che le concessioni saranno rilasciate su richiesta e non dopo gare come chiesto dalla Ue. Noi costruttori siamo a favore della concorrenza, del mercato e siamo contrari a nuovo consumo di territorio».

Qualche incertezza anche dai gestori. «Il decreto finalmente dà una prospettiva lunga alle imprese che investono - dice Riccardo Borgo della Sib, il sindacato dei balneari della Confcommercio con 10 mila associati - e non bisogna valutarlo con posizioni ideologiche. Ma c´è bisogno di molti approfondimenti, per le osservazioni della Ue e anche perché resta il dubbio che possa favorire le grandi catene o addirittura il riciclaggio».

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