E' necessaria un’autentica rifondazione della pianificazione: che metta fine alla crescita quantitativa e punti invece sulla riqualificazione-trasformazione delle città, sul ricupero-risanamento dei centri storici, sulla ristrutturazione delle periferie e sulla rigorosa salvaguardia del territorio non ancora urbanizzato.

Antonio Cederna





domenica 30 maggio 2010

Il nostro Programma

Il limite di non ritorno, superato il quale l’ecosistema Italia non è più in grado di autoriprodursi è sempre più vicino. Ma nessuno se ne cura. Fertili pianure agricole, romantiche coste marine, affascinanti pendenze montane e armoniose curve collinari, sono quotidianamente sottoposte alla minaccia, all’attacco e all’invasione di betoniere, trivelle, ruspe e mostri di asfalto.Non vi è angolo d’Italia in cui non vi sia almeno un progetto a base di gettate di cemento: piani urbanistici e speculazioni edilizie, residenziali e industriali; insediamenti commerciali e logistici; grandi opere autostradali e ferroviarie; porti e aeroporti, turistici, civili e militari.
Il consumo di territorio nell’ultimo decennio ha assunto proporzioni preoccupanti e una estensione devastante.
Secondo i dati ISTAT relativi alle volumetrie realizzate negli anni 1995-2006, e sicuramente sottostimate, si ricava che la somma del consumo di suolo residenziale, di quello produttivo e di quello infrastrutturale porta ad un valore di 750 mila ettari. Ciò vuol dire che, se si tolgono le aree già urbanizzate, in undici anni è stata coperta dal cemento e dall’asfalto una regione grande quanto l’Umbria e che ogni anno sparisce per lo stesso motivo l’intero comune di Ravenna.
Questo consumo di suolo sovente si è trasformato in puro spreco, con decine di migliaia di capannoni vuoti e case sfitte: suolo sottratto all’agricoltura, terreno che ha cessato di produrre vera ricchezza.
La sua cementificazione riscalda il pianeta, pone problemi crescenti al rifornimento delle falde idriche e non reca più alcun beneficio, né sull’occupazione né sulla qualità della vita dei cittadini.
Questa crescita senza limiti considera erroneamente il territorio una risorsa inesauribile, la sua tutela e salvaguardia risultano subordinate ad interessi finanziari sovente speculativi: i terreni agricoli o boschivi vengono resi edificabili per consentire ai comuni di intascare gli oneri di urbanizzazione, che servono per fare fronte alle spese correnti delle amministrazioni comunali; un circolo vizioso che, se non interrotto, continuerà a portare al collasso intere zone e regioni urbane, perché il territorio è una risorsa finita mentre le spese correnti dei comuni non si esauriscono. Un meccanismo deleterio che permette la svendita di un patrimonio collettivo ed esauribile come il suolo, per finanziare i servizi pubblici ai cittadini. Tutto ciò porta da una parte allo svuotamento di molti centri storici e dall’altra all’aumento di nuovi residenti in nuovi spazi e nuove attività, che significano a loro volta nuove domande di servizi e così via all’infinito, con effetti alla lunga devastanti. Dando vita a quella che si può definire la “città continua”. Dove esistevano paesi, comuni, identità municipali, oggi troviamo immense periferie urbane, quartieri dormitorio e senza anima.

Nella provincia di La Spezia le cose non vanno diversamente: la popolazione residente dal 1971 al 2001 (ultimo dato disponibile) è calata di 28.500 unità, mentre il numero di abitazioni nello stesso periodo è aumentato di 30.104 unità .

Per questa ragione abbiamo deciso di costituire un gruppo locale che porti avanti gli obbiettivi del Movimento nazionale “Stop al consumo di territorio”.

Il nostro gruppo intende fare propri gli obbiettivi del movimento nazionale :

- battersi affinché il suolo ancora non cementificato non sia più utilizzato come “moneta corrente” per i bilanci comunali.
- promuovere il cambiamento della strategia nella politica urbanistica: con l’attuale trend in meno di 50 anni buona parte delle zone del Paese rimaste naturali saranno completamente urbanizzate e conurbate.

- promuovere il ripristino di un corretto equilibrio tra Uomo ed Ambiente sia dal punto di vista della sostenibilità (impronta ecologica) che dal punto di vista paesaggistico.

- riconoscere che il suolo di una comunità è una risorsa insostituibile perché il terreno e le piante che vi crescono catturano l’anidride carbonica, per il drenaggio delle acque, per la frescura che rilascia d’estate, per le coltivazioni, ecc.

- sviluppare il senso di responsabilità verso le future generazioni.

- offrire a cittadini, legislatori ed amministratori una traccia su cui lavorare insieme e rendere evidente una via alternativa all’attuale modello di società.

Il nostro obbiettivo è principalmente quello di fare cultura e opera di sensibilizzazione della cittadinanza sul tema della tutela dell'ambiente e il consumo di territorio

I valori a cui intendiamo fare riferimento sono quelli della salvaguardia e del recupero della identità culturale del nostro territorio, delle bellezze paesaggistiche, del territorio destinato ad uso agricolo, della qualità della vita; l’importanza del recupero degli edifici esistenti e della ristrutturazione edilizia rispetto alle nuove edificazioni non solo come mezzo per salvaguardare il territorio ma anche come fonte di reddito e rilancio della economia locale, la valorizzazione della economia locale nel campo della edilizia (no agli appalti dati alle grosse cooperative esterne che non utilizzerebbero le imprese locali come fonte del materiale e dei tecnici necessari), la tutela del territorio anche come mezzo per sviluppare il turismo.
Tra i principi a cui facciamo riferimento vi sono quelli dell’economista francese Serge Latouche, esperto di fama mondiale nei rapporti economici e culturali tra il Nord e il Sud del mondo e promotore del “Movimento per la Decrescita Felice”. Questo movimento, che trova anche in Italia numerosi sostenitori (www.decrescitafelice.it) si fonda su 8 punti chiave (Serge Latouche, Breve Trattato sulla decrescita serena, Bollati Boringhieri 2008):
RIVALUTARE: riconsiderare i valori ideali in cui crediamo e in base ai quali organizziamo la nostra esistenza: dall’egoismo all’altruismo, dalla concorrenza alla cooperazione, dall’ossessione per il lavoro al piacere per il tempo libero, dal consumo illimitato (le giornate trascorse al lavoro o al centro commerciale) alla cura della vita sociale, dal globale al locale, dall’efficiente al bello, dal razionale al ragionevole.
RICONCETTUALIZZARE: mutare il senso attribuito alle esperienze e alle situazioni: ridare valore alla povertà rispetto alla ricchezza, alla scarsità rispetto all’abbondanza, alla pace, la solidarietà sociale, la giustizia rispetto alla ricchezza e al potere individuale.
RISTRUTTURARE: adattare ai nuovi valori la struttura economica e produttiva, i modelli di consumo, i rapporti sociali, gli stili di vita orientandoli verso la società della decrescita
RILOCALIZZARE: consumare prodotti locali, sostenere le economie locali, prendere decisioni economiche e politiche basate su bisogni locali. Ciò porterebbe a ridurre le infrastrutture (strade, aeroporti, etc) l’inquinamento dovuto al trasporto delle merci, il consumo energetico.
RIDISTRIBUIRE: garantire a tutti l’accesso alle risorse naturali , ridistribuire in modo equo la ricchezza, offrire a tutti condizioni di vita dignitose
RIDURRE: gli orari di lavoro per “lavorare meno ma lavorare tutti” e offrire a tutti la possibilità di godere del tempo libero, ridurre l’impatto sulla biosfera dei nostri modi di produzione e di consumo, e cioè il consumo di risorse, la produzione dei rifiuti, i trasporti.
RIUTILIZZARE: riparare gli oggetti anziché gettarli per comprarne nuovi, conservarli nel tempo

RICICLARE: recuperare e riciclare i rifiuti non biodegradabili.

Anche l’enciclica del pontefice Benedetto XVI del 2009 riprende e ribadisce l’importanza di molte delle tematiche sostenute dalle associazioni ambientalistiche; in particolare vi si afferma che:
“Il tema dello sviluppo e` oggi fortemente collegato anche ai doveri che nascono dal rapporto dell’uomo con l’ambiente naturale. Questo e` stato donato da Dio a tutti, e il suo uso rappresenta per noi una responsabilità verso i poveri, le generazioni future e l’umanità intera; bisogna rifiutare la posizione che mira alla sua completa tecnicizzazione, perché l’ambiente naturale non e` solo materia di cui disporre a nostro piacimento, ma opera mirabile del Creatore. Ridurre completamente la natura ad un insieme di semplici dati di fatto finisce per essere fonte di violenza nei confronti dell’ambiente e addirittura per motivare azioni irrispettose verso la stessa natura dell’uomo.
Le questioni legate alla cura e alla salvaguardia dell’ambiente devono oggi tenere in debita considerazione le problematiche energetiche. Le società tecnologicamente avanzate possono e devono diminuire il proprio fabbisogno energetico. Oggi e` realizzabile un miglioramento dell’efficienza energetica ed e` al tempo stesso possibile far avanzare la ricerca di energie alternative.
Si tratta di problemi rilevanti che, per essere affrontati in modo adeguato, richiedono da parte di tutti la responsabile presa di coscienza delle conseguenze che si riverseranno sulle nuove generazioni.
Questa responsabilità e` globale, perché non concerne solo l’energia, ma tutto il creato, che non dobbiamo lasciare alle nuove generazioni depauperato delle sue risorse.
C’e` spazio per tutti su questa nostra terra: su di essa l’intera famiglia umana deve trovare le risorse necessarie per vivere dignitosamente, con l’aiuto della natura stessa, dono di Dio ai suoi figli
E` auspicabile che la comunità internazionale e i singoli governi sappiano contrastare in maniera efficace le modalità d’utilizzo dell’ambiente che risultino ad esso dannose. E` altresì doveroso che vengano intrapresi, da parte delle autorità competenti, tutti gli sforzi necessari affinché i costi economici e sociali derivanti dall’uso delle risorse ambientali comuni siano riconosciuti in maniera trasparente e siano pienamente supportati da coloro che ne usufruiscono e non da altre popolazioni o dalle generazioni future.
Le modalità con cui l’uomo tratta l’ambiente influiscono sulle modalità con cui tratta se stesso e, viceversa. Ciò richiama la società odierna a rivedere seriamente il suo stile di vita che, in molte parti del mondo, e` incline al consumismo, restando indifferente ai danni che ne derivano. E`necessario un effettivo cambiamento di mentalità che ci induca ad adottare nuovi stili di vita, ‘‘nei quali la ricerca del vero, del bello e del buono e la comunione con gli altri uomini per una crescita comune siano gli elementi che determinano le scelte dei consumi, dei risparmi e degli investimenti’’.

I primi esempi di attuazione di questi principi non mancano: i diritti della natura sono stati riconosciuti nelle nuove costituzioni di Ecuador e Bolivia: nella Costituzione Politica dell’ Ecuador (entrata in vigore nell’ottobre 2008), capitolo VII, Diritti della Natura, art 71 si dice: “La Natura o Pachamama, dove si riproduce e si realizza la vita, ha diritto a che si rispetti integralmente la sua esistenza e al mantenimento e alla rigenerazione dei suoi cicli vitali, strutture, funzioni e processi evolutivi. Ogni persona, comunità, popolo o nazionalità potrà pretendere dall’autorità pubblica l’osservanza dei diritti della natura (…) Lo Stato incentiverà le persone fisiche e giuridiche e le collettività a proteggere la natura e promuoverà il rispetto di tutti gli elementi che formano l’ecosistema”.
Nella Nuova Costituzione Politica dello Stato Boliviano (entrata in vigore nel febbraio 2009), Titolo II, Ambiente, Risorse naturali, Terre e Territorio, art 342 si dice: “E’ dovere dello stato e della popolazione conservare, proteggere e sfruttare in maniera sostenibile le risorse naturali e la biodiversità, nonché mantenere l’equilibrio dell’ambiente” (Giuseppe De Marzo. Buen Vivir. EDIESSE 2009)
Altri esempi di modelli locali di transizione verso il modello della decrescita vengono dall’Inghilterra, in cui è stato elaborato il modello delle “transition towns”, cioè un modello basato sul concetto della “RESILIENZA”ossia la sopravvivenza delle singole città alla catastrofe ecologica ed economica attraverso lo sviluppo delle economie e delle risorse locali. I mezzi possono essere l’autonomia energetica attraverso l’utilizzo delle energie rinnovabili disponibili localmente (vento e sole), l’autonomia alimentare attraverso lo sviluppo della’agricoltura e delle produzioni locali, la modificazione dei programmi politici amministrativi locali per ridurre l’impronta ecologica.


Intendiamo portare avanti la nostra opera di sensibilizzazione, informazione, educazione attraverso:
- convegni, dibattiti, mostre, raccolta di testimonianze
- interventi educativi realizzati nelle scuole
- Informazione dei cittadini attraverso un nostro blog o un sito internet in cui riportare esperienze realizzate in altri territori relative alla tutela dell’ambiente, dati nazionali e locali sulla distruzione del territorio, comunicazione relative a campagne di lotta e di opposizione a progetti specifici, contributi di filosofi, economisti, ambientalisti.

A livello locale intendiamo batterci contro progetti di cementificazione e di distruzione del paesaggio rurale che non siano pensati, pianificati, condivisi dalla popolazione, che non siano frutto o esito di discussioni aperte in cui si esplicitino obiettivi, risorse, vincoli, dubbi, dei quali non si valutino gli eventuali danni al contesto, al paesaggio, al turismo, alle bellezze naturali, in nome di un progresso o di uno "sviluppo" asfittico (ad esempio il Progetto Botta, Progetto Marinella, la costruzione di un nuovo centro commerciale a Romito Magra, il progetto del nuovo waterfront a la Spezia). Intendiamo procedere con un movimento di studio, di ricerca, di confronto, di protesta, sia in prima persona, sia appoggiando e sostenendo campagne portate avanti da altre associazioni ambientalistiche

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